Il suo nome evoca fierezza, capacità di combattimento e utilizzo di katane e arti marziali, coerenza e rettitudine morale. Soprattutto in occidente, però, spesso quella del samurai, perché di lui stiamo parlando, è una figura piuttosto idealizzata. Conosciamo davvero questo militare del Giappone feudale, ultima frontiera di un mondo fatto da valori che, forse, oggi non esistono più? Oggi dei samurai rimane l’idea, il mito, ma di eredi di quel corpo non ce ne sono più. Molti film e documentari sono stati realizzati su questa figura, ma chi erano veramente i samurai? Oggi forse rimangono un’icona, un’immagina da stampare su una maglietta o su una felpa grazie ai comodi e veloci servizi di stampa online, ma dietro la loro immagine c’è una storia millenaria che in pochi conoscono.
Il Codice del Samurai va cercato nella morte. Si mediti quotidianamente sulla sua ineluttabilità. Ogni giorno, quando nulla turba il nostro corpo e la nostra mente, dobbiamo immaginarci squarciati da frecce, fucili, lance e spade, travolti da onde impetuose, avvolti dalle fiamme in un immenso rogo, folgorati da una saetta, scossi da un terremoto che non lascia scampo, precipitati in un dirupo senza fine, agonizzanti per una malattia o pronti al suicidio per la morte del nostro signore. E ogni giorno, immancabilmente, dobbiamo considerarci morti. È questa l’essenza del Codice del Samurai.
(Yamamoto Tsunetomo)
Già da queste parole sopra riportate si può intuire la portata etica e morale di un personaggio come il samurai. Il significato della parola, poi, spiega ancora meglio questi aspetti. Samurai, infatti, è un termine che derva dal giapponese samurau e significa “servire”. Questa figura di guerriero mosse i primi passi in Giappone verso la fine de primo millennio d.C., ma si concretizzarono come gruppo solo a partire dal 12esimo secolo quando assunsero un ruolo importante e privilegiato nella società contraddistinguendosi per un codice etico rigido e di tipo militare.
Per comprendere ancora meglio la levatura di questa figura forse basta anche comprendere la tecnica dell’harakiri, una sorta di suicidio obbligatorio o volontario con cui il guerriero giapponese per eccellenza evitava la pena capitale o manifestava la propria protesta, in modo solenne, contro un’ingiustizia subita oppure anche il proprio profondo dolore per la morte del suo signore. Era un privilegio concesso solo alla casta dei samurai e si praticava squarciandosi il ventre con la spada.
La figura del samurai verrà analizzata in queste pagine attraverso articoli di approfondimento e analisi sull’importanza di questa figura che ancora oggi ha riflessi e caratterizza la società giapponese.